Morano Calabro è uno dei principali centri del Parco nazionale del Pollino. Il suo nome nasconde una storia ed un po’ di mistero. Il toponimo Muranum compare per la prima volta in una pietra miliare del II secolo a.C., sappiamo per certo che questa stazione della Regio Capuam è di origine romana ma ancora non esiste una versione unica dal punto di vista etimologico. Ci sono alcuni esperti che collegano Muranum ai gelsi mori molto presenti sul territorio ma non mancano i sostenitori di altre tesi come quella che vede nel nome un’origine greca.
La parola greca sarebbe méruma, che significa “cumulo” ed in effetti nessuno può negare che guardando Morano Calabro possa venire in proprio un accumularsi di casette ed edifici l’uno sull’altro senza un criterio particolare. Molto più semplice, e univoca, la spiegazione per la presenza dell’appellativo di Calabro, aggiunto nel 1863 per distinguere questo borgo da Morano sul Po, ben distante ma omonimo.
Nel dialetto del posto, nel dialetto moranese, si parla di Murenu, calabro non è importante da precisare se si è già sul posto e si desidera parlare di questo comune calabrese di circa 5.000 abitanti situato nella zona settentrionale della provincia di Cosenza. Morano Calabro confina a nord con i comuni di Rotonda, Viggianello e Chiaromonte, ad est con Castrovillari, a sud con Saracena e San Basile ed a ovest con Mormanno. La sua è una posizione strategica, senza dubbio, perché si trova fortunatamente situato nell’alta valle del fiume Coscile proprio alle pendici del massiccio del Pollino.
Proprio a queste condizioni geografiche il borgo deve il suo fiorire già in epoca antica: Morano Calabro da sempre splende, splendeva nel medioevo e ha continuato a farlo nel periodo rinascimentale, in particolare sotto la signoria dei Sanseverino di Bisignano. E oggi? Oggi splende ancora e attira molti turisti, se ne sono accorti in molti tanto che è stato inserito già nel 2003 nel circuito dei I borghi più belli d’Italia, ha anche conquistato la Bandiera Arancione del Touring Club Italiano e vediamo il suo nome inserito nella lista delle destinazioni europee del Progetto EDEN della Commissione europea.
Abbiamo parlato di posizione geografica fortunata e non si tratta solo di una questione strategica da ammirare a tavolino. No. Morano Calabro si trova in un’area protetta del Parco Nazionale del Pollino che in tutto racchiude oltre 40 mila ettari di territorio. Questo significa che è un’area ricca di natura e soprattutto che è un’area protetta per legge perché sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale.
Facendo libere escursioni attorno al paese possiamo arrivare ad ammirare dei paesaggi davvero meravigliosi e se la giornata ci regala un cielo limpido ci possono vedere i tre mari, Adriatico, Jonio e Tirreno. Passeggiando nella natura si incontrano pendii anche alti e sassosi ed è lì che cresce al meglio il pino loricato, simbolo del Parco, mentre più in basso ci sono magnifici boschi di faggio.
Una delle prime cose da vedere a Morano Calabro è quindi la natura, le sue montagne, aspre e verdi allo stesso tempo. Ci sono molte passeggiate proposte, ci si può informare raggiungendo un’ala del monastero di San Bernardino in cui è stato aperto un centro visite del Parco. Lì si viene a sapere anche della possibilità di effettuare escursioni a cavallo, gite in mountain bike o di trekking sul Pollino, con partenza dall’altopiano di Campotenese a 1100 m.
Nel borgo di cono anche due musei piuttosto interessanti. Il primo è dedicato all’agricoltura e alla civiltà contadina, ospita e raccoglie molte importanti testimonianze, oggetti e arnesi, strani e antichi strumenti che raccontano la tradizione e il paesaggio agrario, fase dopo fase, anno dopo anno, per come sono stati vissuti dal punto di vista della comunità moranese.
Privato, c’è poi il museo Il Nibbio. Si tratta di un museo naturalistico che testimonia il patrimonio di biodiversità che la nostra penisola possiede in parte a sua insaputa. In questo museo ci sono documentazioni antiche e contemporanee che riguardano la flora e la fauna del monte Pollino, alcune stanze sono riservate alla ricostruzione degli ambienti. E’ ospitato nel Centro Studi Naturalistici del Pollino, nei pressi del castello.
L’antico castello svetta un po’ in disparte rispetto all’ammasso di case dallo stile architettonico molto semplice che costituiscono il paese che si estende su gran parte del profilo della collina. Sembra che questo castello sia stato innalzato sui resti di un avamposto normanno, documenti che ne parlano lo fanno risalire all’XI sec. ma negli anni ha poi subito diverse modifiche e oggi dell’originale non resta molto.
L’edificio era composto da una sola massiccia torre, inizialmente, ma con gli Aragonesi ha poi preso una diversa forma e si è “arricchito” di vere e proprie mura rinforzate da torri nel XIII sec. Un altro intervento architettonico, ancora più significativo, risale al Cinquecento quando è avvenuta una specie di ricostruzione che ha trasformato il “rozzo” castello in una sorte di residenza per nobili. Oggi della fortificazione restano solo tre torri, una quadrata altissima e due cilindriche più tozze.
Come spesso accade in Italia, paese che vai, festa che trovi ed è l’occasione per tuffarsi nella cultura e nella tradizione locale. Qui c’è la Festa della Bandiera, il 19-20 maggio, una specie di palio cittadino cui partecipano i tre rioni del borgo in gara fra loro, per commemorare la liberazione dal dominio saraceno avvenuta nel 1076 con l’aiuto dei Normanni. Al termine della festa c’è anche una sfilata di dame e cavalieri in costumi d’epoca.
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