Triora è il paese delle streghe e sembra davvero che ci sia della magia nelle sue strade per come questo borgo sa incantare i turisti che ci passano e non smettono di passeggiare per le sue vie e fotografare, leccandosi i baffi per il pane tipico della zona e per altri prodotti enogastronomici davvero invidiabili.
Siamo in Liguria e Triora è un piccolo comune precisamente in provincia di Imperia, è uno dei borghi più belli d’Italia, lo è nel vero senso della parola ed è uno dei più particolari perché avvolto dalla magia della storia. Gli scorsi anni ha anche ottenuto la Bandiera Arancione dal Touring Club Italiano.
Per raggiungere nel Paese delle streghe non sono necessari incantesimi, basta avere la macchina e arrivare ad Arma di Taggia, percorrendo l’autostrada A10 Genova-Ventimiglia. Quando si esce al casello si deve imboccare la Strada Statale 548 che ci porterà nella alta Valle Argentina. Chi soffre di stomaco in auto come me metta in conto che la strada è piuttosto lunga e tortuosa e non sarà un viaggio piacevole ma ne vale ampiamente la pena, di certo, e possiamo provare a distrarci guardando il bel panorama dell’entroterra ligure, aspro e verde.
E’ una parte di territorio posto nel comune di Triora e che sorge alla confluenza del torrente Argentina con il Capriolo, ai piedi della ripida dorsale. Una volta giunti qui ci troveremo circondati da boschi e terreni terrazzati via via in discesa fino alla parte abitata di Triora. In questa area c’è abbondante presenza di acqua ed ecco perché ci sono i mulini e ce ne sono stati tanti in passato, così tanti che hanno meritato il nome di “Molini”. Oggi Moin de Triêua, così si dice nel dialetto locale, conta meno di mille abitanti.
Con questo nome si indica una frazione di Triora, siamo sempre quindi in provincia di Imperia, sulle Alpi liguri. Questa parte al contrario della precedente, non si trova nella valle Argentina, ma in val Tanaro, ecco perché è più facilmente raggiungibile dal comune di Mendatica. Vicino a Monesi nasce il fiume Tanaro, che va poi a confluire nel Po, ma molto più in basso perché Monesi è a 1376 m sopra il livello del mare, alle pendici del monte Saccarello che arriva anche a 2201 metri meritandosi il titolo di monte più alto della Liguria.
Finalmente siamo arrivati a Triora, dopo aver visto alcune sue frazioni sparse nel vasto territorio. Siamo nel Paese delle streghe e lo si vede subito perché questo borgo è molto orgoglioso della sua fama e non smette di utilizzarla per attirare turisti e visitatori.
Non è una invenzione ma c’è una leggenda sotto tutto questo, una leggenda che narra di processi alle streghe che poi streghe non erano ma erano semplicemente delle donne che erano accusate per un motivo o per l’altro di portare sfortuna o di avere degli stretti legami con i poteri oscuri. Sembra che a Triora non ci fosse speranza di vivere per loro perché processate e condannate a morte. Oggi Triora ha pochi abitanti ma tanta fama e storia, come comune nei secoli ha subito anche diverse devastazioni, oltretutto, come se le streghe si fossero volute vendicare di quanto subito, non vi pare?
E’ stato scenario di battaglie di cui porta in parte il segno, è stata invasa più volte anche per via della sua posizione molto strategica. Durante la seconda guerra mondiale, Triora ha subito un drastico degrado perché “vittima” di ogni tipo di opera devastatrice tra incendi e scorrerie che hanno distrutto molte abitazioni del paese. Fra le architetture rimaste e che meritano una visita, c’è certamente il Ponte di Loreto, alto 112 metri, suggestivo, ma in generale per vedere Triora serve fare una passeggiata liberamente nel vecchio borgo, al suo interno, accorgendosi che è in parte disabitato. Questo lo rende ancora più stregato, no? Il paesino è un intricato insieme di vicoli e carruggi pieni di storia e di mistero e c’è poi la Cabotina, oggi solo ruderi ma un tempo ritrovo di streghe.
Il pane di Triora è uno dei gustosi prodotti tipici del luogo, ce ne sono molto altri da gustare dopo una passeggiata in onore delle streghe. Il pane è una vera tradizione in questo borgo che in passato era noto come il granaio della Repubblica di Genova. C’era un unico forno comunale in Vico del Forno e il famoso pane veniva cotto per ogni famiglia, una volta alla settimana, nel forno comune. Oggi non è più così, sarebbe anacronistico, viene prodotto da un unico panificio ed è molto ricercato.
Per prepararlo serve farina 1, farina di grano saraceno e crusca, lievitata per una notte con acqua tiepida e sale e all’impasto viene aggiunto il giorno successivo altro lievito e farina. Si procede lasciando riposare qualche ora su uno strato di crusca l’impasto sistemandolo in forme basse e larghe abbastanza grandi che, una volta cotte, peseranno 800 grammi o 900 grammi. La cottura avviene in un forno caldo e utilizzando foglie di castagno per evitare che si attacchino alla base del forno. Solo a cottura ultimata, ogni pagnotta viene incisa con una caratteristica forma quadrata. Se vi interessa un altro borgo affascinante, in Liguria, raggiungete Lingueglietta
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