Monti Nebrodi, come arrivare e cosa fare


Monti_Nebrodi

Ci sono delle aree protette nel nostro Paese che non sappiamo nemmeno che esistono se non ci abitiamo per casi vicino e che invece sono preziose perché custodiscono dei tesori naturali e ci ricordano della loro esistenza. In Sicilia ce ne sono parecchie tra cui troviamo il Parco dei Monti Nebrodi. È un parco che ci offre diversi sentieri su cui passeggiare e che ci permette di vedere una Sicilia diversa. È un’ottima meta per alternare un po’ di passeggiate nella natura alla classica vita da mare.



Monti Nebrodi, come arrivare

I circa 88 mila ettari di natura che questo Parco può contare sono distribuiti in tre province, quella di Catania, quella di Enna e quella di Messina. È piuttosto ben collegato per chi viaggia in macchina e lo può raggiungere comodamente partendo dalle principali città della Regione come Palermo e Messina. Da Palermo si imbocca la strada statale 117 da S. Stefano di Camastra e si costeggia il versante occidentale tra Mistretta e Nicosia oppure si prende la provinciale 168 per Caronia-Capizzi. Da Messina o in generale per chi arriva dall’Autostrada A20, c’è la strada statale 116 (Capo d’Orlando-Randazzo) oppure la strada statale 289 (S.Agata Militello-Cesarò) e le numerose strade provinciali come la 157 (Rocca di Caprileone-Tortorici) la 160 (S.Marco d’Alunzio).

Anche da Catania il percorso non è difficile, si può percorrere la strada statale 120 dell’Etna e delle Madonie. Per chi vuole avvicinarsi in treno consigliamo di partire da Palermo o da Messina e le fermate di riferimento per poi raggiungere l’area protetta dei Nebrodi sono Sant’Agata di Militello e Capo D’Orlando.

Monti Nebrodi, il parco

Questo parco è di relativamente recente istituzione, esiste dal 1993 e raggruppa una serie di aree boschive che erano già in precedenza note in Sicilia. In questa parte della regione ci sono delle specie arboree particolarmente significative come il Fagus sylvatica, il Quercus cerris e il Quercus suber. Crescono anche il tasso e altre querce oltre ad altre specie tipiche degli ambienti lacustri e rupestri. In questa scenografia così varia di piante abitano un grandissimo numero di animali, sia vertebrati che invertebrati.

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Monti Nebrodi, cosa vedere

Congeliamo per un attimo in un angolo del cervello, e del cuore, la Sicilia marina, per fare spazio ad un territorio che sa stupirci con minuscoli laghi immersi in boschi verdeggianti e cascate vertiginose che hanno dato forma alle rocce, nei millenni passati. Per questo spettacolo dobbiamo ringraziare i Monti Nebrodi che possono non sembrare grandi rispetto alle Alpi e agli Appennini ma che in scala regionale sono la catena montuosa principale. Sono situati nella zona di Nord Est e arrivano anche ai piedi dell’Etna.

Presentano delle cime morbide e una flora e una fauna molto varia. In questo territorio la presenza dell’acqua è speciale e si sente, si vede da quanto è rigogliosa la vegetazione e frequenti e ricche le fioritura. L’acqua ha attirato le piante e gli animali ma ha anche favorito l’arrivo di pastori che si sono insediati nella zona rendendo il Parco dei Nebrodi un ottimo esempio di buona convivenza tra uomo e natura. Oltre al patrimonio naturalistico vi possiamo quindi anche ammirare testimonianze storiche e culturali.

Sentieri da percorrere

Proprio grazie alla presenza dei pastori, oggi possiamo comodamente aggirarci per il parco seguendo dei sentieri per il trekking che raggiungono sorgenti e fonti, preziose per chi viveva lì e ci lavorava. Da queste tracce è nato il Sentiero delle Sorgenti, un percorso ad anello lungo ben 18 chilometri che teoricamente parte dal paese di Maniace, in provincia di Messina. Se vi è possibile è meglio rispettare questa partenza per seguire correttamente l’itinerario, godendo degli scorci a sorpresa così come sono stati pensati.

Maniace si trova vicino all’Etna, in una vallata molto fertile, nella parte sud dei Monti Nebrodi. Da qui, con il vulcano alle spalle, possiamo imboccare il sentiero delle Sorgenti  da piazza di San Gabriele seguendo poi i segnali che ci portano subito lontano dall’abitato, verso le morbide alture.

Nella prima decina di chilometri di cammino i nostri passi seguono quelli dei pastori che molto prima di noi hanno colto l’incanto del luogo e le sue peculiarità. In quest’area c’è uno dei borghi più grandi del Parco, Tortorici, nato come insediamento di pastori. Si prosegue a piedi sul sentiero che alterna dei tratti sterrati a degli altri pavimentati conducendoci al Rifugio Donnavida a quota 1300 metri. Qui possiamo finalmente ammirare alcune delle sorgenti d’acqua che danno il nome al sentiero, cintate da muretti a secco. Ci sono La Farina e la Fanusa, la Donnavida e quindi la sorgente Virgilio, a quota 1300 metri.

Andando avanti lungo una strada asfaltata si arriva a località Serra Spina, a quota 1550 metri circa, dove inizia un altipiano dopo la tanta salita che abbiamo fatto. Qui troviamo una sorgente che possiamo considerare anche un monumento grazie alla presenza dell’Obelisco Nelson. Questo monumento storico dalla forma strana fu fatto erigere nel 1905 dal Duca Alexander Nelson-Hood in onore del padre morto un anno prima.

Da qui si gode di un panorama magnifico sul monte Soro, se ci si fa caso però si nota anche una grossa lapide che porta la scritta in latino “illustre discendente dell’eroe immortale del Nilo” che conferma sia stato fatto in memoria di Alessandro Nelson Hood. Poco lontano troviamo il Lago Trearie, da fotografare, per poi iniziare a scendere e chiudere il cerchio del percorso e tornare a Maniace.

Le sorprese non sono però finite perché in questo tratto possiamo ammirare i cerri della Foresta Vecchia, divisa tra le province di Messina e Catania, e i faggi che circondano il Rifugio Arcarolo. Passando dalla sorgente del Medico, le cui acque secondo alcune leggende hanno poteri straordinari, raggiungiamo la sorgente Sperone e la sorgente dell’Uomo Morto, le ultime due del percorso prima di tornare Maniacea . Questo percorso splendido è adatto a tutti, è lungo ma non difficile e con 700 metri di dislivello totale ma percorso in sette ore e vale la pena di affrontarli.

Pubblicato da Marta Abbà il 4 Marzo 2020